Il ritardo delle riforme italiane influenza l’economia europea

“L’Italia non può che dar la colpa a se stessa”, è quanto affermato da Mario Draghi, dopo aver analizzato la terza recessione in cui l’Italia è ricaduta dal 2008.

Il presidente della Banca Centrale Europea ha individuato la causa di quanto accaduto nella penuria di riforme strutturali, dopo che i dati italiani hanno fatto vedere come la terza più grande economia della zona euro, si sia all’improvviso contratta nel secondo trimestre del 2014. I commenti fatti nella conferenza stampa mensile da Draghi sono giunti in anticipo rispetto a quelli del premier Matteo Renzi, che ha avuto un successo elettorale proprio per muoversi con più rapidità sul terreno delle riforme.

Le riforme in Europa devono essere condivise da tutti gli Stati membri

“In realtà continuo a dire sempre la stessa cosa e cioè l’Italia deve riformare tutti i settori della sua vita pubblica. Riforme nel mercato del lavoro, nei mercati dei prodotti, nella competizione, nella magistratura, e così via. Perché sono queste le riforme che in realtà hanno dimostrato di portare un beneficio nell’immediato”. Le analisi sull’Italia sono state molto critiche, ponendola a confronto con paesi come la Spagna, che si sono impegnati in altri aggiustamenti strutturali. “Draghi ha fatto un forte richiamo all’Italia, per le riforme strutturali, sottolineando che le economie dei paesi che hanno affrontato in modo serio le riforme stanno mostrando una performance economica più forte rispetto alla media della zona euro”, ha affermato Riccardo Barbieri, capo economista presso la sede londinese di Mizuho International. “Questo suona come una forte critica verso l’approccio adottato dal Presidente del Consiglio, Matteo Renzi”.

Continua a perdere posizioni l’Italia. Sviluppo ancora negativo

Tra il 1996 e il 2013 l’Italia, ha avuto i più bassi movimenti di crescita del Pil pro capite con solo il +2,1%, molto distante dai principali partners europei, quali Francia (+18%), Spagna (+24,5%), Germania (+25,4%) e Regno Unito (+31,9%). E molto distante anche riguardo ai Paesi dell’Est e del Nord Europa cresciuti a tassi che vanno dal +47,8% dell’Ungheria fino al +168% della Lituania. Lo afferma un’analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio, contenuta nel rapporto “Fiscalità e crescita economica”. Dopo la pesante recessione del 2009, quasi tutte le economie avanzate hanno riavviato, anche se con qualche difficoltà, il processo di crescita bruscamente interrotto.

 

Sicuramente  le economie europee hanno dato prova di una più grande fragilità e una inferiore reattività allo shock ciclico per tornare sui ritmi pre-crisi in confronto, ad esempio, all’area nordamericana o agli emerging markets asiatici, e quindi è sicuramente vero che i problemi di crescita riguardino, nel globale, tutta l’Europa. Ma nel contesto europeo – spiega l’analisi di Confcommercio -, la difficoltà dell’ incapacità di tornare su un percorso di sviluppo rimane, purtroppo, una singolarità tutta italiana, creatasi già prima della recessione del 2008, che porta l’Italia lontano dalle altre principali economie dell’eurozona.

Le riforme in Europa devono essere condivise da tutti gli Stati membri

Nel giro di poco più di dieci anni, tra il 1996 ed il 2007, il reddito reale pro capite degli italiani è cresciuto complessivamente meno del 15%, circa cinque punti in meno di Francia e Germania, dieci punti in meno della media dell’eurozona, metà della crescita degli Usa e quasi due terzi in meno di quella del Regno Unito.

In Italia il debito pubblico corre veloce

Si è toccato un nuovo record assoluto per il debito pubblico italiano che nel mese di maggio è aumentato di 20 miliardi rispetto al mese di aprile e è arrivato a quota 2.166,3 miliardi. Questo è quanto emerge dal Supplemento conti pubblici al bollettino statistico di Bankitalia. Quindi, dati alla mano, dall’inizio dell’anno il debito pubblico italiano è aumentato di 96 miliardi con una crescita del 4,7%.

Seguire le politiche monetarie degli Stati aiuta nel trading in opzioni binarie

L’aumento percentuale dall’inizio dell’anno, in raffronto ad una crescita dell’economia che di certo sarà di minore grandezza, fa prevedere un aumento anche del rapporto Debito-Pil.

L’aumento rispecchia per 5,5 miliardi il necessario delle Amministrazioni pubbliche e per 14,9 miliardi l’aumento delle risorse finanziarie liquide del Tesoro (pari a fine del mese di maggio a 92,3 miliardi; 62,4 nel mese di  maggio 2013); l’emissione di titoli sopra la pari, l’apprezzamento dell’euro e gli esiti della rivalutazione dei BTP indicizzati all’inflazione (BTPi) hanno controllato l’aumento del debito per 0,4 miliardi.

Inoltre poi in  rapporto alla suddivisione per sottosettori affiora che a pesare sull’aumento è l’evoluzione dei conti delle amministrazioni centrali che hanno fatto registrare una crescita del debito di 20,9 miliardi a fronte di una diminuzione di 0,9 miliardi delle amministrazioni locali è sceso di 0,9 miliardi. Con una lettura di particolare si vede che è sceso il debito delle Regioni e delle Province Autonome, andando da 37,9 a 36,6 miliardi, è stato stabile quello delle province (a 8,4 miliardi) mentre è salito da 47,6 a 48 miliardi il debito dei Comuni. Il debito degli Enti di previdenza è restato in sostanza invariato.

Opzioni binarie, la tassazione degli strumenti finanziari

Dal 1° Luglio 2014 i proventi di investimenti in azioni, obbligazioni, fondi investimento e gli interessi prodotti dagli strumenti di liquidità  come conti correnti e conti deposito, dovranno sottostare ad un prelievo fiscale più pesante dall’attuale 20% al 26%.Questa è una delle misure fondamentali introdotte dal governo, che ritiene l’adeguamento della tassazione sulle rendite finanziarie un operazione per adeguare le aliquote italiane a quelle europee, finanziando il taglio del 10% sull’Irap.

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Come previsto dal decreto, anche gli interessi derivanti dagli asset mobiliari liquidi, (conti correnti e conti deposito) saranno sottoposti alla nuova aliquota. Il Governo pensa di avere entrate per circa 775 milioni di euro per il prossimo anno; queste stime sono state elaborate tenendo conto che nel 2012 nei depositi bancari c’erano circa 692 miliardi (di cui 470 nei c/c) mentre in quello postale 341 miliardi (27 nei c/c) e che ben il 93% degli italiani ha almeno un conto corrente, libretto di deposito o depositi bancari.

Nella realtà, un conto deposito a 12 mesi dà oggi un rendimento medio lordo circa del 2.5%, con l’attuale tassazione l’interesse netto è pari a 2%, con l’aliquota al 26% sarebbe 1.85%. Depositando su un conto deposito a 12 mesi un capitale di 20 mila euro, a scadenza il risparmiatore avrebbe 400 euro, con la nuova aliquota in vigore, il rendimento passerebbe a 370 euro.  Ancora più oneroso sarà l’impatto per chi investe in asset mobiliari (azioni o obbligazioni) che oltre a un aumento del 30% sulle imposte sul profitto generato, pagherà l’imposta di bollo sul conto titoli (del 0.20% annuo) e un ulteriore pagamento legato alla Tobin tax se l’oggetto della transazione sono titoli italiani ad elevata capitalizzazione e indici italiani.  

Le nozioni fondamentali per investire in opzioni binarie

Operare in opzioni binarie, significa utilizzare strumenti di investimento che prendono il nome di derivati. Quindi è importante, se non fondamentale conoscere le caratteristiche di questi strumenti.
Quindi andiamo ad approfondire questo tipo di derivati cioè appunto gli strumenti derivati, abbreviati in “derivati”, sono contratti o titoli il cui valore di mercato fa riferimento ad uno o più beni.I derivati sono cioè dei contratti conclusi tra due parti che presumono lo scambio di un titolo il cui valore deriva dalle cosiddette attività sottostanti.

L’influenza del time frame sulle strategie di trading in opzioni binarie

Le attività sottostanti possono quindi essere rappresentate da una serie di beni il cui valore di mercato determina il prezzo del contratto stesso. Tra queste vi possono essere anche altri prodotti finanziari come azioni, titoli, obbligazioni, valute, tassi di interesse e commodities – come il petrolio.

Le opzioni binarie e i tassi di interesse australiani

Nei mercati finanziari regolamentati ci sono diverse tipologie di strumenti derivati. I più diffusi sono i futures, le opzioni e gli swap.
Essi vengono soprattutto utilizzati per “comprare rischio o proteggersi dal rischio” e, a seconda della funzione che assumono, si parla in genere di hedging,speculazione e arbitraggio.

  •  Con hedging si definisce la copertura del rischio, ovvero quella funzione in cui i derivati sono utilizzati per trasferire il rischio che è soggiacente ad un certo bene.
  •  Con arbitraggio, invece, ci si riferisce all’ utilizzo dei derivati per l’ acquisto di un prodotto su un mercato e la vendita su un altro.
  •  Infine, si usa il termine speculazione per indicare la funzione in cui i derivati vengono utilizzati per acquistare rischio al fine di trarne un profitto. La scommessa sul rischio consiste infatti nell’ acquistare, attraverso un derivato, un titolo ad un prezzo inferiore rispetto a quello che si spera avrà alla scadenza.

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