Alcatel in crisi taglia 10.000 dipendenti

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Alcatel

Soffia un vento freddo anche sul gruppo di telecomunicazioni francese Alcatel Lucent, che come confermato da una nota, ha dichiarato l’imminente taglio di 10mila dipendenti nel mondo, 900 dei quali in Francia. Si tratta di un taglio occupazionale, come precisa la società, che è stato inserito nell’ambito di un piano di riorganizzazione che mira a diminuire i costi del 15% da qui al 2015. Il piano si pone come scopo la volontà di riportare il gruppo sulla retta via dei profitti, al termine di diversi esercizi archiviati con perdite pesanti (1,3 miliardi di euro nel 2012) ma avrà un impatto occupazionale “importante”, con 4.100 dipendenti tagliati in Europa, Medio Oriente e Africa (area Emea), 3.800 in Asia e Pacifico e 2.100 nelle Americhe.

Per quanto concerne l’Italia, come si descrive sul sito internet della società la presenza, la società transalpina ha registrato nel 2012 un fatturato di 856 milioni di euro (14,4 miliardi globali). I dipendenti sono circa 2000, su un totale di circa 72.000. Le sedi sono a Vimercate, dove risiede il quartier generale, Trieste, Padova, Sesto Fiorentino, Roma, Cittaducale, Napoli, Battipaglia, Capurso. La società, interrogata via e-mail sull’entità dei tagli in Italia, non ha risposto immediatamente. Successivamente, un portavoce ha affermato che la società italiana non fornisce al momento “cifre ufficiali” sull’impatto del suo piano di riorganizzazione, e dei conseguenti tagli occupazionali, sugli impianti in Italia, ma ha fissato per il 17 ottobre un incontro con i rappresentanti del governo italiano per discutere della questione. Secondo la segreteria lombarda della Fim Cisl, però, “sono 586 gli esuberi di personale previsti negli stabilimenti in Italia”.

La riorganizzazione contempla inoltre una revisione del settore ricerca e sviluppo, che sarà concentrato principalmente sulle tecnologie del futuro. Questi settori arriveranno a rappresentare l’85% delle spese in ricerca di Alcatel Lucent da qui al 2015, contro l’attuale 65%, mentre per le tecnologie “a fine vita” gli investimenti saranno ridotti del 60%.