Quanto costa agli Usa salvare General Motors?

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Il governo Usa ha messo in bilancio una voce relativa alle perdite per 9,7 miliardi di dollari per i 50 miliardi di dollari di prestiti assicurati per il salvataggio di General Motors. E’ quanto si evince da un rapporto trimestrale al Congresso. Nel 2009 il Tesoro ha concesso a Gm prestiti per 49,5 miliardi di dollari, in cambio di 2,1 milioni di azioni privilegiate dell’azienda e di una partecipazione azionaria del 60%. Il Tesoro ha ridotto la sua quota in Gm al 7,3% e intende vendere le azioni ancora in suo possesso entro aprile del 2014 .

Gli Stati Uniti perderanno dunque 9,7 miliardi di dollari con il salvataggio di General Motors. Lo conferma anche il controllore del Tarp, il piano da 700 miliardi di dollari per le banche in seguito usato anche per il salvataggio delle auto. Nel rapporto al Congresso si mette in evidenza che il salvataggio di Gm e Chrysler ha salvato un milione di posti di lavoro ed evitato una recessione più profonda.

Finora il Governo si è sbarazzato di 811 milioni di azioni GM su un totale di 912 milioni di pezzi ricevuti in cambio del salvataggio del 2009, abbassando la sua partecipazione al capitale dal 60,8% al 7% circa del capitale del marchio caduto ‘in rovina’.

In ottemperanza ai quasi 10 miliardi di perdite contabilizzate, per recuperare integralmente le risorse fornite dai contribuenti americani per il salvataggio della casa automobilistica il ministero dovrebbe cedere le restanti azioni al prezzo di ben 147,95 dollari, un valore decisamente superiore ai circa 36 dollari delle quotazioni correnti. La partecipazione governativa attuale vale, sulla base dei prezzi correnti di mercato, circa 3,6 miliardi e il Tesoro ha finora recuperato con le cessioni 36 miliardi di dollari dei 49,5 miliardi forniti per il salvataggio.

A Wall Street il titolo General Motors perde lo 0,22% a 35,72 dollari in controtendenza rispetto ai listini azionari che hanno iniziato la seduta odierna in rialzo. Al momento il Dow Jones sale dello 0,36%, lo S&P 500 cresce dello 0,22% e il Nasdaq Composite guadagna lo 0,11%. I dati macroeconomici provenienti da Oltreoceano hanno fornito indicazioni contrastanti, a partire dai prezzi alla produzione industriale che sono calati dello 0,1% a settembre rispetto al mese precedente (+0,3% ad agosto) deludendo le attese poste a +0,2%.

La diminuzione degli acquisti di auto ha poi pesato sulle vendite al dettaglio negli Stati Uniti sempre a settembre.

Segnali di ripresa sono invece arrivati dal settore immobiliare con i prezzi delle case che ad agosto, su base annuale, hanno registrato il maggiore incremento dal febbraio 2006 sulla scia di una forte domanda e di scorte in calo. I prezzi sono tornati ai livelli di metà 2004 con l’indice relativo alle 20 città in progresso del 22,7% dai minimi del marzo 2012. L’indice Standard & Poor’s/Case Shiller è salito del 12,8% su base tendenziale e dell’1,3% rispetto a luglio battendo le attese.

Di contro, la fiducia dei consumatori negli Stati Uniti è calata nettamente a ottobre con un dato peggiore delle attese e sui minimi dallo scorso aprile, penalizzata dallo shutdown.