Petrolio, prezzi sempre più giù: Perchè?

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Da un brevissimo comunicato stampa col quale venerdì scorso l’Opec comunicava di non aumentare né diminuire il tetto alla produzione, imposto ormai più di un anno fa, è possibile comprendere le serie difficoltà che sta vivendo il cartello, forse destinato ad esaurire il proprio ruolo nei prossimi anni, o addirittura mesi.

Sembrano passati gli anni in cui l’Opec rappresentava il vero braccio armato e compatto delle istanze delle nazioni mediorientali, un cannone economico puntato contro le democrazie occidentali per ottenere contropartite politiche. Al contrario, l’unica scelta che oggi l’organizzazione fondata nel 1960 è in grado di prendere è quella di rinviare  le scelte al prossimo vertice semestrale di giugno. Dal punto di vista gestionale, dopo lo scandalo tangenti e corruzione che ha coinvolto la storica presidente, lady Opec, come veniva definita  l’ex ministro del Petrolio nigeriano Diezani Alison-Madueke, la decisione di confermare il libico Al Badri quale segretario generale del cartello per altri sette mesi è il segnale che i sauditi sono riusciti a prendere tempo, a guadagnare mesi preziosi per capire se hanno ancora la forza di guidare i processi.

Badri è diventato uno dei principali alleati di Riad, colui che ha preso i colpi al posto dei sauditi nel cercare di mantenere unanimi gli sforzi di mantenimento del tetto alla produzione, nel tentativo di portare avanti una guerra incerta allo shale gas (gas di scisto) e al tight oil (petrolio non convenzionale) americano. Da potente ministro e funzionario di alto rango della stagione politica del colonnello Gheddafi, Badri è ora un civil servant senza patria, la “sua” National Oil Corporation (Noc) – la compagnia petrolifera libica – è in mano alla schizofrenia dell’attuale conformazione del potere in Libia, smembrata dalle esigenze energetiche opposte di Tripoli e Tobruk. Per questo, per continuare la propria carriera il libico ha trovato rifugio sotto l’ala protettiva del ministro del Petrolio saudita, Ali Naimi, che lo vuole sullo scranno di segretario generale per cercare di risolvere lo stallo più difficile che l’organizzazione abbia dovuto affrontare.